Fundamento destacado: (…) In particolare, con riguardo: a) al pagamento effettuato dalla M. semprein contanti (al riguardo sostenendo che trattasi di metodo “all’epoca… alquanto diffuso”, ed essendo d’altro canto “opinabile ritenere” che “l’importo di Lire 60.000.000, corrispondente ad attuale Euro 30.987,41, fosse particolarmente ingente, specie se era anni che la stessa M. (per quanto giovane) svolgeva l’attività di parrucchiera e non senza dimenticare che la stessa faceva parte di un nucleo famigliare unito e certamente facoltoso come dimostrato dalla stipula della polizza assicurativa pacificamente ammessa”); b) il conseguente rilascio da parte del R. di meri “certificati di copertura provvisori” privi di “qualsiasi riferimento al tipo di contratto assicurativo” (erroneamente e illogicamente al riguardo sostenendo che “per un verso le parti già sapevano che cosa volevano stipulare e, per altro verso la M. poteva legittimamente confidare che nella polizza sarebbe stato specificato il tipo di contratto assicurativo”); c) al non essersi la M. mai “preoccupata di richiedere all’agente il rilascio di una quietanza di pagamento (al riguardo erroneamente e illogicamente sostenendo che “in realtà i certificati di copertura provvisoria contengono necessariamente una ricevuta di pagamento, perché altrimenti non sarebbero stati rilasciati”).
Circostanze dalla corte di merito erroneamente ravvisate come deponenti per l’esclusione del mancato impiego dell’ordinaria diligenza da parte della M. e l’idoneità viceversa a fondare il suo legittimo “affidamento sul R.”, essendo “naturale che l’odierna appellante si fidasse del R., il quale all’epoca era a tutti gli effetti agente della ***** e disponeva della modulistica della Compagnia”.
Circostanza quest’ultima per tabulas erronea, essendo il R. divenuto agente della società ***** dal 1/2/1997, e pertanto successivamente alle prime due dazioni di danaro al medesimo da parte della M (…)
Corte di Cassazione, sez. III Civile,
Ordinanza n.1786 del 20/01/2022
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30942/2018 proposto da:
***** Spa, in persona procuratore sig. F.L., elettivamente domiciliata in PADOVA, Via Nicolò Tommaseo 67, presso lo studio dell’avvocato Sergio Pertile, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Andrea Monda;
– ricorrente –
contro
C.M., in proprio e nella qualità di genitore esercente la responsabilità
genitoriale sulla figlia minore C.E., entrambi eredi della sig. M.C.
(deceduta), elettivamente domiciliati in Roma V.le Delle Medaglie D’oro
48, presso lo studio dell’avvocato Giulio Mastroianni, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato Giuseppe Alessio;
***** Spa, in persona procuratore sig. F.L., elettivamente domiciliata in PADOVA, Via Nicolò Tommaseo 67, presso lo studio dell’avvocato Sergio Pertile, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Andrea Monda;
– controricorrente all’incidentale –
e contro
R.O.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2318/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/8/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/10/2021 dal Cons. Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 27/8/2016 la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento del gravame interposto dalla sig.ra M.C. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Padova 8/8/2014, ha interamente accolto la domanda dalla medesima originariamente proposta nei confronti del sig. R.O. e della società ***** s.p.a. (successivamente incorporata dalla società ***** s.p.a.) di risarcimento dei danni subiti in conseguenza della stipulazione di “una polizza vita con vantaggioso rendimento” propostale dal R., cui aveva versato in quattro occasioni l’importo di Euro 15.000 “ricevendo ogni volta un “certificato di copertura provvisoria””, successivamente “apprendendo dalla Compagnia che nell’archivio della società non risultavano né la sua polizza né quelle dei familiari”.
In particolare, oltre alla responsabilità del R. ravvisata dal giudice di prime cure la corte di merito ha ritenuto sussistente anche la responsabilità della compagnia assicuratrice ex art. 2049 c.c..
Avverso la suindicata decisione della corte di merito la società ***** s.p.a.
propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso il sig. C.M. in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale e legale rappresentante della figlia minore E. – eredi della deceduta M.C., che spiegano altresì ricorso incidentale sulla base di 2 motivi, cui resiste con controricorso la società ***** s.p.a..
a nuovo ruolo per l’integrazione del contraddittorio nei confronti del R..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo la ricorrente in via principale società ***** s.p.a. denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1227,2049 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 motivo denunzia “violazione o falsa applicazione” dell’art. 2049 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 3 motivo denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito abbia “ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 2049 c.c., anche in difetto della sussistenza di un rapporto di preposizione (quantomeno per le prime due dazioni di denaro, risalenti al 27.1.1997 e al 28.1.1997… dal momento che ***** s.p.a. (*****) conferì l’incarico agenziale al sig. R. con decorrenza dal 1.2.1997”.
Lamenta che “se pure non si volesse considerare il difetto del rapporto lavorativo tra ***** e il sig. R. sino al 1 febbraio 1997 come idoneo ad escludere l’applicabilità dell’art. 2049 c.c., detta disposizione non può comunque ritenersi applicabile al caso di specie perché il preteso nesso di occasionalità è stato interrotto dalla, al minimo anomala, condotta della sig.ra M.”.
Si duole non essersi considerato che “il R. solo successivamente a tutte le dazioni in denaro, dunque solo successivamente alla consumazione dell’illecito, ha inviato rendiconti falsi su carta intestata *****”, e che “quando ha ricevuto le prime due dazioni di denaro dalla sig.ra M., non era neppure agente *****”, sicché “la sig.ra M. non si fidava del sig. R.
perché preposto di ***** ma perché conosciuto dai suoi fratelli ed in zona”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la previsione (già in base alla L. n. 1 del 1991, art. 5, comma 4, successivamente confermata dal D.Lgs. n. 415 del 1998, art. 23, e quindi dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 3) della responsabilità solidale tra l’intermediario ed il promotore finanziario per i danni da questi arrecati a terzi nello
svolgimento delle incombenze è in linea di continuità con la regola di responsabilità accolta all’art. 2049 c.c. (v. Cass., 20/3/2006, n. 6091).
non è data invero prova liberatoria, trattandosi di vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva, funzionalmente volta alla tutela dei terzi e del mercato (cfr., da ultimo, Cass., 12/10/2018, n. 25374).
Si spiega a tale stregua come ai fini della responsabilità risarcitoria in argomento sia necessaria e sufficiente la sussistenza di un nesso di occasionalità necessaria (v. Cass., 12/3/2008, n. 6632; Cass., 20/3/1999, n. 2574) tra esecuzione delle incombenze e danno, tra i quali sussista un mero collegamento obiettivo.
Indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e dal carattere di continuità dell’incarico (v. Cass., 21/6/1999, n. 6233) affidato all’agente, ai fini della responsabilità in argomento dell’intermediario nei confronti dei terzi in relazione all’attività illecita posta in essere dal promotore finanziario è cioè sufficiente che la medesima sia stata agevolata o resa possibile dall’intervento di quest’ultimo nell’attività d’impresa, di cui sintomatico riscontrocostituiscono la presenza del medesimo nei locali della banca, l’utilizzo
della modulistica di pertinenza e la spendita del nome (cfr. Cass., 24/7/2009, n. 17393).
Al riguardo, decisivo rilievo assume in realtà l’ingenerata situazione di apparenza che esponga il terzo, il quale vi faccia non colposamente affidamento, all’ingerenza dannosa del promotore finanziario.
Quest’ultimo è invero tenuto ad una condotta improntata a diligenza qualificata, che l’impegna all’adeguato tecnico, con impiego di energie e mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata (cfr. Cass., 8/10/2008, n. 24791; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass. 15/2/2007, n. 3462; Cass. 31/5/2006, n. 12995), nonché a trasparenza (D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 17, comma 1 lett. a); D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. b)) e a correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale, che trova applicazione anche in tema di responsabilità extracontrattuale, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui – nei limiti dell’apprezzabile sacrificio -, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi (cfr. Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 30/10/2007, n. 22860; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 20/2/2006, n. 3651).
abbia ecceduto i limiti dell’incarico (cfr. Cass., 29/9/2005, n. 19166; Cass., 22/10/2004, n. 20588), anche trasgredendo gli ordini ricevuti, o che abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente ovvero per fini di privata autonomia, e financo che abbia commesso un illecito penale (cfr. Cass., 25/1/2011, n. 1741).
L’interesse del preponente non può infatti valere ad escludere la responsabilità del medesimo in argomento, né al riferimento alle incombenze (non espressamente contemplato dal D.Lgs. n. 415 del 1996, e quindi dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 3) può d’altro canto assegnarsi una valenza limitativa della tutela degli investitori (cfr. Cass., 25/1/2011, n. 1741).
Si è d’altro canto posto in rilievo che la responsabilità solidale della società di intermediazione mobiliare per i danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari va per converso esclusa allorquando la condotta del danneggiato presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali ad esempio il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle operazioni, l’esperienza acquisita
nell’investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socioeconomiche (v. Cass., 22/1/2018, n. 30161; Cass., 7/1/2020, n. 857; Cass., 31/7/2017, n. 18928; Cass., 4/11/2014, n. 23448; Cass., 13/12/2013, n. 27925; Cass., 24/3/2011, n. 6829).
Incombe all’investitore l’onere di provare l’illiceità della condotta del promotore, mentre spetta all’intermediario provare che l’illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall’investitore (v. Cass., 31/7/2017, n. 18928; Cass., 19/3/2010, n. 6708).
Orbene, i suindicati principi sono stati dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza.
E’ rimasto nel giudizio di merito accertato che nel ***** la sig. M.C. ha stipulato “una polizza vita con vantaggioso rendimento” propostale dal R., appena conosciuto “tramite i fratelli L. e D.”, cui aveva versato in quattro occasioni (in particolare il 27 e il 28 gennaio nonché il 3 e 4 aprile del 1997) l’importo di Euro 15.000 in contanti, “ricevendo ogni volta un “certificato di copertura provvisoria”.
“dalla Compagnia che nell’archivio della società non risultavano né la sua polizza né quelle dei familiari”.
Orbene, nel riformare la sentenza del giudice di prime cure (ove, come debitamente riportato dalla ricorrente in ossequio al requisito a pena d’inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, risulta affermato essere “certamente contraria all’ordinaria diligenza – e dunque perlomeno anomala – la condotta di chi, come l’attrice, corrisponde in
contanti la somma di Lire 60.000.000… trattandosi di una modalità di pagamento che si sottrae ad ogni tracciabilità, senza preoccuparsi nemmeno di farsi rilasciare una quietanza e nemmeno di richiedere una copia del contratto. Una tale condotta non appare in alcun modo rispondente al principio di autoresponsabilità, principio che deve governare i rapporti tra i consociati e che solo può giustificare la tutela dell’affidamento incolpevole”), la corte di merito ha nella specie ravvisato la responsabilità al riguardo (oltre del R., che fornito confessione giudiziale al riguardo anche) della compagnia assicuratrice ***** s.p.a. (già ***** s.p.a., che aveva incorporato la ***** s.p.a.) ex art. 2049 c.c., disattendendo i suindicati principi.
In particolare là dove, con riferimento al nesso di occasionalità necessaria e all’affidamento della M., dopo aver premesso che “in realtà in questa sede il legittimo affidamento rileva solo per imputare al terzo preponente la responsabilità indiretta ex art. 2049 c.c., del fatto illecito extracontrattuale ed a tal fine è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria ed il legittimo affidamento sta solo a significare che il terzo danneggiato si trovava in una situazione da far ritenere un collegamento fra l’attività svolta dal collaboratore (agente) e il preponente (Compagnia Assicurativa)”, è pervenuta ad escludere che nella specie “i rapporti tra promotore e intermediario presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza o di collusione”.
In particolare, con riguardo: a) al pagamento effettuato dalla M. sempre in contanti (al riguardo sostenendo che trattasi di metodo “all’epoca… alquanto diffuso”, ed essendo d’altro canto “opinabile ritenere” che “l’importo di Lire 60.000.000, corrispondente ad attuale Euro 30.987,41, fosse particolarmente ingente, specie se era anni che la stessa M. (per quanto giovane) svolgeva l’attività di parrucchiera e non senza dimenticare che la stessa faceva parte di un nucleo famigliare unito e certamente facoltoso come dimostrato dalla stipula della polizza assicurativa pacificamente ammessa”); b) il conseguente rilascio da parte del R. di meri “certificati di copertura provvisori” privi di “qualsiasi riferimento al tipo di contratto assicurativo” (erroneamente e illogicamente al riguardo sostenendo che “per un verso le parti già di richiedere all’agente il rilascio di una quietanza di pagamento (al riguardo erroneamente e illogicamente sostenendo che “in realtà i certificati di copertura provvisoria contengono necessariamente una ricevuta di pagamento, perché altrimenti non sarebbero stati rilasciati”).
Circostanze dalla corte di merito erroneamente ravvisate come deponenti per l’esclusione del mancato impiego dell’ordinaria diligenza da parte della M. e l’idoneità viceversa a fondare il suo legittimo “affidamento sul R.”, essendo “naturale che l’odierna appellante si
fidasse del R., il quale all’epoca era a tutti gli effetti agente della ***** e disponeva della modulistica della Compagnia”.
Circostanza quest’ultima per tabulas erronea, essendo il R. divenuto agente della società ***** dal 1/2/1997, e pertanto successivamente alle prime due dazioni di danaro al medesimo da parte della M..
In accoglimento p.q.r. del ricorso s’impone pertanto la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza nei suesposti termini e limiti, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il ricorso incidentale (con il quale i ricorrenti in via incidentale denunziano vizio di motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dolendosi che la corte di merito abbia con meramente apparente “motivazione per relationem” rigettato la “domanda svolta in via principale… corrispondente al mancato guadagno promesso”, in quanto “del tutto ipotetico ed aleatorio, nonché privo di qualsiasi allegazione e prova” (1 motivo); nonché denunziano l’”omesso riconoscimento della rivalutazione del
credito”, dolendosi che la corte di merito non abbia riconosciuto la “rivalutazione monetaria”, pur trattandosi di debito di valore (1 motivo)), con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese
del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il ricorso incidentale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di
Venezia, in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.